martedì 17 novembre 2009

Fra le righe... #1

Questa sarà la rubrica dedicata al mio primo amore... i libri...
ne è passato di tempo da quando, ancora bambino incapace di leggere, osservavo i libri dei miei e provavo invidia per loro che sapevano leggere...
Da allora la mia biblioteca personale ha quasi raggiunto il migliaio di pezzi...
ma non sono un bibliofilo... mi piacciono i libri vissuti, i libri che ho sporcato di caffe o fumando una sigaretta... questi libri parlano di me...
Da oggi voglio rendervi partecipi di ciò che c'è nel mio zaino, del libro che leggo in questo periodo...
Cominciamo con Flavio Oreglio. Non è un libro comico (non nel senso che immaginate voi). Al contrario è un testo semi-serio che parla della nostra società.


FLAVIO OREGLIO
ALL'APPELLO MANCANO ANCHE I PRESENTI
sottotitolo: Siamo una massa di ignoranti. Parliamone.


I have a drink...



Che mondo è il nostro mondo?
Lo capiamo fino in fondo?
Scusate la rima involontaria
ma la domanda non è campata in aria..
Porca Eva (scusa Adamo)
ma in che mondo noi viviamo?


È un mondo nel quale basta poco per essere eroi. Per esempio: per sventare un furto, a volte, è sufficiente non candidarsi..
È un mondo in cui la speranza è l'ultima a morire, anche se, per molte persone, ormai si può parlare di accanimento terapeutico...
È un mondo in cui chi non è in gabbia non è libero, è solo in una prigione senza mura...



È un mondo in cui ormai siamo costretti a cercare tracce di una civiltà aliena, perché non ne abbiamo più di quella terrestre...
È un mondo nel quale tutti cercano la felicità, senza rendersi conto che la felicità è non sentire il bisogno di essere felici....
È un mondo in cui ordde di filosofi hanno tentato di spiegarci che cos'è un'idea, privandoci dell'unico modo di capirlo, ovvero pensarlo da noi stessi...


Ecco, è proprio in questo mondo che gli imbecilli tendono ad aggregarsi sotto l'egida del pensiero inutile, quel pensiero che per sua natura non dice niente, avvolgendolo di nulla e farcendolo di vuoto, e facendolo così sembrare semplice e comprensibile.
È quel pensiero che quando viene riportato, ci spinge a dire a proposito di chi lo ha espresso: “Questo qui mi piace perché è uno che parla chiaro, dice le cose come stanno e ha il coraggio di dire quello che pensa”...
Raramente viene in mente di osservare che, a volte, quel pensiero espresso così chiaramente e con tanto coraggio risulta essere, a un'attenta analisi, anche un'emerita stronzata, un'accozzaglia di idee atte ad esemplificare quello che la matematica chiama “insieme vuoto”....


Sappiate, cari stolti di tutto il globo terracqueo, che anche le migliori menti in circolazione hanno i vostri stessi dubbi e le vostre stesse debolezze conoscitive, e che molto spesso dietro a un uomo tutto di un pezzo si nasconde una persona a pezzi: un puzzle vivente....


Che cosa si può arguire circa l'attività cerebrale di un popolo che vive mediamente di pacchi, botole, quiz, amici, naufraghi famosi, tronisti, miss, veline, letterine, abbronzature, soldi facili e soprattutto tanti gratta e vinci, bingo, corride, lotterie di Capodanno, ricette del giorno, ballerine/i, canzoni di merda, presenzialismo, opinionismo, calcio malato, droga, pornografia, trasgressione e provocazione?
Che idea ti puoi fare di una comunità satolla, pingue e viziata che ha perso la memoria storica, che permette la rivalutazione del fascismo, che ha smarrito il senso della partecipazione, che si lascia comprare per becera e misera (nonché minima) convenienza personale, che vende il proprio voto e non si adira più?


Qualcuno afferma: “La gente le cose le sa, evidentemente se ha scelto così è perché gli sta bene.”
Male! Se è così, molto male! E probabilmente non è vero. La gente non può essere contenta di buttarsi nel baratro.
È chiaro che c'è sotto qualcosa di malato, di molto malato...
Altra domanda: “Ma allora, se le cose si sanno, perché la situazione non cambia?”
La domanda è lecita, e la risposta che viene di conseguenza non è difficile: non è vero che le cose si sanno.
Le cose si dicono ma non si sanno.
Perché? Perché non basta “dire” e di conseguenza “sentire” qualcosa, bisogna anche capire quel è la conseguenza di quel qualcosa, cosa implica quel qualcosa, dove ci porta quel qualcosa.... (tratto dal libro di Flavio Oreglio)

Queste le prime pagine del libro... promette bene direi...
Ca254

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