giovedì 8 aprile 2010

Mafia, 'Ndrangheta e Chiesa



Pochi giorni fa, sui giornali, campeggiava una notizia: spari sulla cancellata di un priore a Sant'Onofrio, paesino alle porte di Vibo Valentia.
Cos'è successo? Semplice. Michele Virdò, priore della confraternita del Santissimo Rosario, che si occupa di organizzare la famosa “Affruntata” (manifestazione religiosa in cui i simulacri della Madonna e del Cristo risorto si incontrano con la mediazione di San Giovanni), insieme al parroco don Franco Fragalà, ha deciso di rispettare un documento inviato dal vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo, in cui si invitava a tenere lontane dalle processioni le “persone discusse”.
Si è quindi deciso di non procedere all'incanto, una specie di asta per raccogliere i fondi necessari all'organizzazione della festa, per decidere chi avrebbe portato a spalla la “vara” di San Giovanni, che in passato era sempre stato appannaggio delle famiglie di 'Ndrangheta locali.
Ovviamente i delinquenti non hanno gradito, e hanno manifestato il loro disappunto nell'unico linguaggio che conoscono: l'intimidazione. Ma la Chiesa ha mantenuto la barra e ha cancellato la manifestazione, dimostrando chiaramente l'intenzione di fare un po' di cristiana pulizia.

Per chi, come me, è nato e cresciuto in Sicilia, l'esistenza di zone grigie, se non di connivenza, tra criminalità organizzata e chiesa non è certo notizia sorprendente.
Al contrario è qualcosa di assodato, come l'aria che si respira. Tante volte ho sentito uomini di chiesa (laici e non) giustificarsi dicendo che anche i mafiosi sono figli di Dio e la chiesa non può rifiutare l'accoglienza alle pecorelle (ancorché smarrite) del Signore.
Argomentazione piuttosto fallace, ma che ha resistito e resiste ancora nelle menti di questi pseudo-cristiani della domenica.
Leggere quindi questa notizia mi ha ridato un po' di ottimismo e di fiducia in una istituzione che non mi è mai particolarmente piaciuta. In questi giorni di scandali che vedono la chiesa, a mio parere giustamente, accusata di aver coperto i preti pedofili, mi è sembrato quasi un segnale “divino”.
Pur non essendo cattolico ne tanto meno cristiano, ho sempre pensato che la chiesa potesse svolgere un ruolo importante nella nostra società, se portatrice di veri valori cristiani.
Da ragazzo anch'io ho frequentato la parrocchia vicino casa, e ho dei ricordi molto belli. Facevo parte di una piccola banda musicale creata da un padre missionario, padre Gabriele, di cui ancora oggi ricordo il sorriso. Un uomo speciale che per me è stato un esempio di vero amore verso il prossimo senza distinzione di razza, colore della pelle o fede religiosa.
Purtroppo, crescendo, altri sono stati gli esempi dati dai suddetti uomini di chiesa, sempre troppo propensi a predicar bene e razzolare male.
Ma questo priore, il parroco ed il loro vescovo, mi hanno ricordato che la chiesa è fatta di uomini, con tutti i loro vizi e le loro virtù.
Pensando a loro la mia mente è subito corsa al festino di S.Agata, a Catania, dove la mafia regna incontrastata e addirittura sfrutta la festività per raccogliere i soldi del pizzo (per gli scettici non catanesi vi rimando alla bellissima puntata di Report sull'argomento).
L'uso che si è fatto, e si fa, di una festa patronale così importante, è quanto di più anticristiano si possa immaginare. Le “candelore” che ballano sotto le case dei boss mafiosi, che si sfidano in prove di forza attorno alle quali si è sviluppato un fiorente giro di scommesse clandestine, è quanto di più schifoso si possa immaginare. Purtroppo il vescovo di Catania, Dio non lo abbia troppo in gloria, non ha ancora trovato la forza di opporsi a questo scempio.
Spero che l'esempio dato dai suoi confratelli calabresi, che si trovano a fronteggiare l'organizzazione criminale più potente d'Italia e forse del mondo, possa illuminare il suo cuore e quello di tanti altri uomini di chiesa che ancora oggi, al coraggio di Cristo, preferiscono l'omertà di Pilato.
Amen.

mercoledì 24 marzo 2010

Lavoro? O schiavitù?

Qualche giorno fa ho conosciuto una, per motivi anagrafici, anziana signora. È successo per caso, ero andato per intervistare la figlia ed invece ho scoperto la madre. Donna molto particolare perché, 50 anni fa, ha percorso le rotte dell'emigrazione nazionale al contrario e si è trasferita, seguendo il marito, da Genova in Sicilia. Il marito era un imprenditore del settore agrumicolo, nella Lentini degli anni caldi delle rivendicazioni sindacali dei braccianti. La nostra regione era ancora (ma è mai cambiata?) governata secondo le leggi del feudalesimo, con una concezione del lavoro molto simile alla schiavitù.
Mi raccontava di un nobile, proprietario anch'egli di giardini di arance, che girava a cavallo brandendo una frusta. Indovinate a cosa serviva? Bravi! A frustare gli operai. E mentre raccontava potevi leggere nei suoi occhi lo stupore che aveva provato nel vedere la passività col quale molti di questi lavoratori accettavano la loro condizione di schiavi. Mi ha raccontato di un operaio dell'azienda del marito che, quarant'anni dopo, è andato a trovarla. E che, ancora oggi, ricorda con nostalgia quegli anni perché, al contrario di molti suoi amici, aveva lavorato in una azienda dove "il padrone" dava del lei agli operai e non usava punizioni corporali o insulti come i suoi colleghi. Un imprenditore "illuminato" che aveva mostrato ai suoi operai una concezione del lavoro intrisa di dignità e di rispetto reciproco.
Mentre lei continuava a raccontare episodi di quella Sicilia lontana ormai mezzo secolo, io pensavo: e oggi? Siamo sicuri di esserci lasciati alle spalle quegli anni?
Mmmhhh...
Situazione attuale.
Per quel che ne so non esiste più la frusta (per quel che ne so), ma esistono ancora molte delle dinamiche di allora. Cos'è la precarietà se non una frusta che, non lasciando segni sulla pelle, fa molto più male? Come si può vivere, progettare un futuro, sposarsi o far figli quando l'unica certezza che si ha è che "del diman non v'è certezza"? Quando si vive la condizione di precario del lavoro ci si trova a subire un ricatto continuo e subdolo, quello del rinnovo del contratto, che rende il lavoratore prono a qualsiasi richiesta e quindi simile per condizione ad uno schiavo. Lo schiavo civilizzato del terzo millennio.
Non solo. Spesso questo schiavo moderno ha ottenuto il posto di lavoro per l'intercessione del "signorotto" di turno, ovvero il politico "amico".
Ed il cerchio si chiude.
Quello che stiamo vivendo poi in questi giorni, va ancora oltre.
La crisi favorisce il riaffermarsi della concezione ottocentesca del lavoro, dove il lavoratore deve già essere grato se gli viene concessa la possibilità di lavorare.
La minaccia di essere sostituito con un altro "lavoratore bisognoso" è come una frusta che ti colpisce continuamente, torturando i pensieri, e spaventandoti a morte. E sei disposto anche a lavorare in condizioni terribili, dove la sicurezza è una parola vuota usata anch'essa come minaccia. Dove se chiedi qualche diritto sei solo un rompicoglioni che fa casino. E ti conviene non alzare troppo la voce altrimenti vai a casa.

Mentre la signora continuava a raccontare questi pensieri invadevano la mia mente. Avevo voglia di dirle che oggi ben poco è cambiato. Sono cambiate le forme ma la sostanza è ancora la stessa.
Ma invece fu lei a gelarmi con una domanda.
Perché non vi ribellate? Perché siete tutti così rassegnati?
Non ho saputo rispondere...

martedì 16 marzo 2010

Dov'è il reato?



Ormai il copione è liso. Non serve più neanche leggerlo. Dopo 16 anni di teatro dell'assurdo è stato ormai imparato a memoria anche da quelli ai quali non era stato consegnato. E anche stavolta va in onda il mondo di sottosopra.

Dov'è il reato?

Il fido Scodinzolini, che ha improvvidamente utilizzato quello che è diventato il cortile della casa dell'imperatore, il TG1, per difendersi e dire che lui non è indagato, è stato platealmente smentito. Cosa dirà oggi? Riuscirà a trovare una briciola di dignità e si dimetterà? Il copione non lo prevede. Negare, negare sempre, anche di fronte all'evidenza più grossolana, negare sempre.

Dov'è il reato?

Il capo del governo che chiama un membro di una autorità garante (attenzione all'uso delle parole, autorità garante quindi super partes) e ordina di "aprire il fuoco contro Annozero", che chiede di cancellare Di Pietro perché ha una faccia che non gli piace (che esteta!), che si stupisce perché in televisione ancora riescono ad andare in onda giornalisti che lo criticano (meglio quelli che gli leccano il culo), che minaccia il suo soldato nell' Agcom di mandarli tutti a casa perché non riescono ad obbedire ai suoi ordini.

Dov'è il reato?

Se lo chiedono, con una retorica talmente schifosa da non meritare neanche una battuta, tutti gli uomini del presidente che insistono nel recitare il copione.

Dov'è il reato?

Dimenticano, costoro, che una politica seria (lo so, questa sembra si una barzelletta in Italia) non ha bisogno del timbro della Cassazione.
Esisteva una volta una cosa chiamata decenza.
Ma il copione non l'ha mai contemplata e quindi gli sgherri l'hanno rimossa.

Dov'è il reato?

Il reato è quello contemplato dal codice penale agli articoli 317 e 338, concussione e minaccia ad un organo politico, amministrativo o giudiziario.
E Mavalà Ghedini dovrebbe conoscere bene il codice penale. Ma soffre di amnesia temporanea congenita dettata dal bruciore del suo orifizio posteriore.

Dov'è il reato?

Il reato c'è. Punto.

Il fatto è che, ben più grave del reato, è l'indecenza che trasuda da questa storia.
La strafottenza nei confronti dei problemi degli italiani.
Il presidente del consiglio, nel pieno di una crisi che ha travolto e stravolto questo disgraziato paese, invece di tenersi impegnato a cercar soluzioni per aiutare gli italiani a sopravvivere a questa tempesta perfetta, si dedica anima e corpo a censurare e cancellare le trasmissioni televisive scomode.
Segue forse il famoso detto "occhio non vede culo non duole"?
O forse, conscio della potenza della televisione nel plagiare le menti, è impegnato a tenere il paese intero all'oscuro delle sue malefatte?

Per anni ce l'hanno menata, sinistra in testa, con la storia che la televisione non conta, che a parlare dei processi di Berlusconi gli si fa' un favore, che bisogna parlare d'altro.
Finalmente, e sicuramente non ce n'era bisogno, è lui in persona a smentirli tutti.

La televisione conta. TANTISSIMO!
Ed è per questo che lui l'ha occupata, manu militari, e non si preoccupa di nient'altro.
Per lui, l'unica cosa che conta è quella. La televisione.

È arrivato il momento, per tutti, di rendersene conto e agire di conseguenza.
Dagli editorialisti del Corriere ai baffuti soloni della sinistra, passando per tutti quelli che, consapevolmente o meno, lo hanno aiutato a mantenere questo paese sotto il più potente sedativo che la storia dell'essere umano abbia mai conosciuto.

Il reato c'è, ma paradossalmente è la cosa meno importante.

venerdì 12 marzo 2010

Il dittatore democratico

Finalmente. Adesso abbiamo delle prove inoppugnabili. Le parole del sultano che minacciano l'Agcom, accusandola di essere incapace di chiudere trasmissioni come Annozero (odiatissima, in quanto capace di fare audience facendo informazione) e Parla con me, colpevole di aver invitato prima Scalfari e poi Ezio Mauro. Mamma che scandalo!.
Ma facciamo un passo indietro, altrimenti rischiamo di non capirci poi molto.
Qualche anno fa, un magistrato della procura di Trani, in Puglia, apre un'inchiesta per usura a proposito di certe carte di credito, dette revolving, che applicano tassi di usura (secondo la denuncia) sullo scoperto non saldato entro il tempo limite. Le revolving sono quelle carte il cui scoperto va saldato entro e non oltre il 15 del mese successivo alla generazione dello scoperto.
Ma non è questo che ci interessa.
Indagando indagando, il magistrato e la Polizia Giudiziaria scoprono che c'è qualcuno che dice di poter intervenire sull'AGCom (che è anche garante dei consumatori) per cercare di circoscrivere lo scandalo e addirittura, forse millantando o forse no, che può intervenire sul direttore del TG1,
il famigerato Minzolini.
Sia come sia, il TG1 il servizio sulle carte di credito lo manderà in onda.
Ma ancora una volta la cosa interessa poco.
Il magistrato però, seguendo queste piste, si imbatte in qualcosa di gigantesco.
Le telefonate fra Berlusconi, Innocenzi dell'Agcom e Minzolingua, che Berlusconi chiama il direttorissimo.
E va in onda il gigantesco conflitto di interessi che da anni paralizza questo paese e lo tiene nella totale disinformazione. Sedato. Ipnotizzato.
Qualcuno dirà che non è una grande novità, che lo si sa da parecchio tempo.
Ma stavolta abbiamo le telefonate. E la conferma del motivo per cui Berlusconi vuole cancellare le intercettazioni.
Perché lui, al telefono, rivela il suo vero volto. Quello di un fascistoide che non sopporta nessuna critica, che esercita pressioni indebite su un ente pubblico, l'Agcom, che dovrebbe essere, per suo statuto, al di sopra e garante delle parti.
Il capo (come lo chiama Innocenzi in altre intercettazioni telefoniche) si chiede come sia possibile che Santoro vada ancora in onda, e chiede a Innocenzi di trovare un cavillo, qualcosa, per mettere a tacere per sempre Santoro. E lo fa con un tratto che, checché ne dica lui, lo contraddistingue da sempre. La violenza. La violenza che un despota esercita sui suoi sottoposti.
Arriva addirittura a minacciare di far dimettere l'Agcom in blocco se non trovano un modo per cancellare Annozero.
Potremmo definirlo il ritratto di un democratico convinto.
Ma il meglio arriva quando al telefono c'è il fido Scodinzolini, direttorissimo del TG1, che si dice pronto ad intervenire sulle vicende palermitane (Spatuzza&co.), e che all'indomani fa il suo ormai abituale “editoriale” definendo le parole di Spatuzza “balle”. Come un braccio armato del premier, si dice pronto a colpire se dovessero esserci altri stronzi da zittire.
I miei complimenti ai servi e ai padroni. Finalmente le carte sono in tavola.
Per quelli che ancora avessero qualche dubbio, il regime è servito.
Ed il pasto è ormai alla fine.
Non è rimasto più niente da mangiare.
Buona digestione.

giovedì 11 marzo 2010

Ministro, le prudono le mani?




Niente da fare. Anche questa occasione non è andata sprecata. Ancora una volta il sultano e i suoi sgherri non hanno rinunciato a dimostrare il loro vero volto, il loro modo di intendere il “governo” di questo paese. Non solo la faccia di tolla ceronata ha avuto il coraggio di mentire in maniera spudorata sull'episodio delle liste irregolari, inanellando, minuto dopo minuto, una fantasiosa ricostruzione (curata personalmente dal Berlusco-investigatore) piena di menzogne e falsità.
Ovviamente, pur essendo una conferenza stampa, e quindi luogo deputato alle domande dei giornalisti, nessuno si è alzato per smentire questo ducetto in delirio. 
Ha raccontato balle su balle, smentendo addirittura i suoi house organ (Libero e il Giornale), sapendo che nessuno avrebbe fiatato o gli avrebbe fatto presente che la sua ricostruzione è per l'appunto sua, cioè inventata da lui.
Non contento, quando un contestatore gli ha rivolto domande provocatorie, gli ha scatenato contro il suo cane da guardia preferito, il famoso Ignazio La Rissa, uomo a cui da una vita prudono le mani, ma che per sua fortuna (e perché ben protetto da una scorta) non ha mai incontrato qualcuno che gli facesse assaggiare un po' di bastonate. E tutto è diventato surreale. 
Un ministro della Repubblica (che solo incidentalmente si occupa di difesa) che mena un giornalista non si era mai visto.
Ma anche in questo l'Italia è sempre avanti anni luce rispetto agli altri paesi.
Nel giro di pochi giorni, dalla banda di corruttori che ridevano sui cadaveri caldi siamo passati ad un decreto per spiegare ai giudici come interpretare la legge (del più forte) fino ad un ministro dalle mani facili. Mancano soltanto delle squadracce in divisa (ma per quelle si stanno attrezzando) e poi saremo al completo.

Non si sa più cos'altro ci attende, ma credo che la resa dei conti sia vicina.

Stanno scherzando col fuoco. E si sa che fine fa chi scherza col fuoco...

sabato 6 marzo 2010

La casa delle libertà...

Chi ricorda i mitici spot de "L'Ottavo Nano"? Quelli della Casa delle Libertà?



Quello che è successo stanotte è l'ennesimo episodio di questa saga.
Con un colpo di mano vergognoso e arrogante, i nostri paladini hanno affermato ancora una volta il loro sacrosanto diritto di fottersene della legge, arrivando a calunniare (come fa Lupi nel video sotto) pur di salvare il culo e la faccia. E addirittura a denunciare per violenza privata alcuni Radicali, quando è stato evidente dal primo momento che la merdata era tutta all'interno del loro apparato digerente, pardon, dirigente.
E per risolvere la spinoza questione si sono premurati di suggerire ai giudici il modo corretto di interpretare la questione che li riguarda. Capolavoro nel capolavoro.

Ed il Capo dello Stato? Firma, p..ca p....na, FIRMA!

Il supremo garante delle regole della convivenza civile di questo paese, se ne frega delle regole ed anzi avalla (con una velocità che cozza sorprendentemente col nomignolo di Morfeo che si era guadagnato in passato) con una bella firma questo intervento a gamba tesa, l'ennesimo, nei confronti dei principi fondamentali di una democrazia. Vergogna nella vergogna.
In una vera democrazia, la richiesta di impeachment, sarebbe stata immediata.

Benvenuti in Italia, da oggi ufficialmente, dittatura della maggioranza.


giovedì 4 marzo 2010

Un paese in agonia

Una agonia lenta e straziante, di quelle che preludono sempre una brutta fine.
Questo è quello che sta vivendo questo paese. Una lunga e lenta agonia. Incapace di ribellarsi al proprio destino, a ciò che con anni di pedagogia dell'illegalità, sembra essere diventato un ineluttabile destino. Gli italiani sono ormai terribilmente rassegnati all'idea che il sistema sia marcio e che non ci sia nessuna possibilità d'uscita. E si sono perfettamente adattati.

Siamo sempre alla ricerca di un qualche "sotterfugio" per fottere il prossimo.
Che sia la raccomandazione per un posto di lavoro,  un concorso truccato, una gara d'appalto pilotata, qualche falsa fatturazione, una evasione fiscale, siamo sempre alla ricerca di un modo per fottere il prossimo. Persino ai semafori o nelle code alla posta. Non importa quanto poco, o tanto, valga quello che si ottiene. L'importante è ottenerlo. A qualsiasi costo. Per anni gli italiani sono stati martellati con un solo grande messaggio di sottofondo. Fottitene degli altri, se puoi ruba, evadi, passa col rosso al semaforo. È l'unico modo per sfondare nella vita. Se vuoi avere successo devi per forza varcare i confini della legge. Se non lo fai sei solo un pirla. Tutti attorno a te lo fanno, non vedi? Ma allora sei proprio stupido!
Aggira la legge, cercati una raccomandazione, mettilo in culo al tuo vicino prima che lui lo metta in culo a te! Muoviti, se non fai così non avrai mai nulla dalla vita!

O mi sbaglio?

venerdì 26 febbraio 2010

I corsari della rete in viaggio verso Roma





 Questo post è bilingue. Italiano ed Inglese. Perché è destinato agli italiani ma anche e soprattutto agli stranieri che vorranno aiutarci a diffonderlo.
Questo non è il video ufficiale di "Mr President help the internet in Italy", ma un piccolo regalo che ho fatto a me stesso e alle persone che hanno condiviso una grande giornata.
Credo fermamente nella neutralità della rete e nella stupidità della censura. Ed è per questo che ho partecipato alla protesta contro il decreto Romani.  Se dovesse diventare legge l'Italia si trasformerebbe nella Cina europea.
Dobbiamo batterci per evitarlo. È per questo che abbaiamo protestato, ed è per questo che chiediamo il tuo aiuto. Il video ufficiale verrà pubblicato il 5 Marzo su Byoblu e sul blog di Enzo Di Frenna.
Dobbiamo renderlo virale. Dobbiamo far conoscere la situazione italiana in giro per il mondo.
Non esiste democrazia senza libertà di espressione.
Aiutaci a tenerla in vita.


This post has been written in Italian and in English. Because it's intended to be seen not only by italians but especially by foreign people who might help us to spread it. This is not the official video of "Mr. President help the internet in Italy", but a little gift for myself and for all the people who shared with me a great day.
I strongly believe in the net-neutrality and in the stupidity of censorship.
That's why I decided to join the protest against the Romani decree.
If this decree would become law, Italy would turn into the european China.
We have to fight to avoid this situation.
That's why we did the protest, and that's why we ask for your help. The official video will be released on March 5th on Byoblu and on Enzo Di Frenna's blog.
We have to make it viral. We must spread the knowledge about the italian situation all over the world.
There's no democracy without freedom of expression.
Help us in keep it alive.

domenica 21 febbraio 2010

Sulle note di... #6

La qualità dell'audio è scarsa... ma gli amici che apprezzano l'Avvocato mi perdoneranno... ne sono certo ;-)

lunedì 15 febbraio 2010

Mr. President, please help internet in Italy

Il 20 FEBBRAIO 2010 davanti all'ambasciata Usa a Roma, a piedi nudi, bendati con una fascia nera, danzeremo e canteremo a ritmo di tamburi contro il Decreto Romani, che vuole imporre questo Governo ammazza-internet. Gireremo un video di protesta con 60 audaci utenti della Rete, per denunciare cosa sta accadendo in Italia.
Io ho deciso di partecipare perché credo che il decreto Romani sia il più grande tentativo (finora) di stritolare la rete e i suoi utenti. Ho deciso di partecipare perché, se questo decreto dovesse passare, l'Italia diventerebbe esattamente come la Cina, col rischio serissimo di ritrovarci senza Youtube,  col rischio di perdere quelle poche voci ancora libere che, dalla rete, informano e difendono i cittadini da questa videocrazia.

Mi sono stancato. Mi sono stancato di scrivere. Adesso voglio agire. E metterci la faccia.

Iscrivetevi al gruppo su Facebook, e fate sentire la vostra presenza anche se non potrete essere con noi a Roma. Noi stiamo andando anche per voi.


Mr.President, help internet in Italy

sabato 6 febbraio 2010

Morti bianche... e queste cosa sono?

Che l'Italia abbia una media di circa 4 morti al giorno sul lavoro credo sia ormai tristemente risaputo. Le cosiddette morti bianche -i morti sul lavoro, quelli che ipocritamente ammantiamo di bianco per poi dimenticare in fretta - sono spesso finite al centro del dibattito mediatico in passato. Tanto da spingere il Presidente della Repubblica a fare diverse dichiarazioni in merito. Salvo poi, ovviamente, essere dimenticate in fretta.
Oggi, purtroppo, assistiamo ad un altro tipo di morti per lavoro.
Morti senza colore, o che se un colore hanno è quello del pane. Quelli che si ammazzano perché il lavoro l'hanno perso.
Togliersi la vita è il gesto di protesta per eccellenza. Togliersi la vita è gridare al mondo la propria rabbia e la propria disperazione. Ma togliersi la vita perché non si ha lavoro, perché non si riesce più a vedere un futuro, è qualcosa di molto di più. È l'urlo più forte che un essere umano possa lanciare. È qualcosa che dovrebbe scuotere profondamente ognuno di noi, e farci riflettere davvero su cosa sta succedendo e su cosa potrebbe succedere. Eppure non mi sembra succeda molto.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa il Presidente della Repubblica. Ma non mi risulta abbia ancora esternato al riguardo.

L'Italia è veramente sull'orlo del baratro, mai come oggi. E non credo a causa della crisi, o meglio, non solo. Ma anche e soprattutto perché molti falsi imprenditori stanno usando la crisi come scusa per de-localizzare se non, in qualche caso, per rubare. Il tanto decantato sistema di piccole e medie imprese si è trovato a boccheggiare non appena le banche hanno chiuso i cordoni. E la situazione diventa sempre più drammatica. Tanto drammatica che pure Minzolini comincia a far fatica a nasconderla. Ci vorrebbe una politica seria per affrontare tutto ciò, ma il nostro parlamento è impegnato a far altro.

Gli italiani, dai tetti, stanno cominciando a saltar giù. Quanti ne servano ancora prima che si cominci a discuterne e possibilmente ad agire non è dato saperlo.

Fin qui tutto bene. Fin qui tutto bene. Fin qui tutto bene.

lunedì 11 gennaio 2010

Craxi? Ancora?!?

Il tempo aiuta a dimenticare. Il tempo sbiadisce i ricordi e li rende confusi, imprecisi. Ma non possiamo lasciare che il tempo, stavolta, stravolga la verità.
Bettino Craxi non era un esule volontario. Bettino Craxi era un latitante. Il fatto che abbia lasciato il suolo italiano prima che venisse chiesto il ritiro del passaporto non lo rende un esule. Semmai lo rende un furfante che seppe in anticipo (chissà come) quale sarebbe stato il suo destino. Ed è vomitevole ascoltare oggi tutti quei furfanti che cercano di farci dimenticare lo sdegno che gli italiani -giustamente- provarono nei suoi confronti. È vero che venne "eletto" simbolo delle ruberie quando sicuramente solo non era. Ma Craxi è anche quello che portò il debito pubblico a livelli spaventosi. Lo stesso debito pubblico che a tuttora frena e tiene nel pantano questo paese. Ancora oggi paghiamo i danni che fece questo statista delle tangenti. E se questo non fosse sufficiente, sappiate che se avesse fatto oggi quello che fece nell'Ottobre dell' 85, l'Italia sarebbe finita nella blacklist dei paesi fiancheggiatori del terrorismo. La crisi di Sigonella non andò come le televisioni raccontano oggi. Craxi decise di proteggere dei terroristi assassini, in cambio di non si sa bene cosa. 
Parliamo sempre di questa personcina per bene che, latitante ad Hammamet, continuava a faxare veleni e insinuazioni non solo contro i giudici di Mani Pulite, ma anche contro i suoi compagni di partito rei di averlo subito abbandonato al suo destino.

Ad esempio Gianni De Michelis, l'illustre forforato, che denunciò la gestione lacunosa del PSI e la scarsa attenzione prestata alla degenerazione dei partiti. Lo stesso De Michelis che stamattina a RaiNews24 paragonava Craxi a Garibaldi e ci esortava a riprendere l'Italia dal punto in cui l'aveva lasciata il Garibaldi incompetente.
Vorrei rassicurare il nostro avanzo di balera (che ai tempi della milano da bere pubblicò una utilissima guida alle 250 migliori discoteche italiane) che l'Italia non ha mai interrotto il percorso sul quale anche Craxi ha contribuito a portarla. E che oggi siamo ormai alla fase terminale del cancro di questo paese.
La corruzione che all'epoca venne definita "ambientale" oggi potrebbe essere definita "genetica", cioè ascrivibile alla natura stessa dei politici che questo sistema ha eletto.
Le mafie imperversano e lo stato organizza le sceneggiate fuori dalle caserme delle sezioni catturandi quando questi poveri ragazzi (che rischiano veramente la vita tutti i giorni per un piatto di fagioli) catturano qualche falso latitante. La più potente banca italiana ha a capo un signore accusato di concorso in bancarotta fraudolenta, usura aggravata e frode fiscale. E poi ci chiediamo perché le banche ci trattino come un parco buoi da spremere senza ritegno...
Stia tranquillo onorevole De Michelis. Il sacrificio di Craxi non è stato invano. E dedicargli una via mi sembra il minimo che possiate fare.

Ciao Faber

mercoledì 6 gennaio 2010

Questa è casa mia...

ed io me ne vergogno....





un grazie di cuore a questi ragazzi che, sfruttando la tecnologia semplice ormai a portata di tutti, ci sbattono in faccia, con la forza dei video, una situazione ritrovabile solo in paesi del terzo mondo.

Buona passeggiata, cari concittadini...

lunedì 4 gennaio 2010

Pippo Fava, ovvero il coraggio delle idee

La prima volta avevo 14 anni. Erano i miei primi giorni a Catania,  l'autobus che mi portava a S.G. Galermo passava da via dello Stadio.
Davanti al teatro Verga vidi la targa in sua memoria.
A casa avevo sentito il suo nome, Pippo Fava, ma non avevo idea di chi fosse.  Scesi dall'autobus e andai a leggerla, ebbi una sensazione strana, e un brivido alla schiena mi fece capire che quella targa ricordava qualcosa di speciale, un uomo speciale, raro, uno di quelli che non temono il destino che le proprie idee gli riservano.
Cominciai a chiedere di lui, cercai di capire, e un giorno lessi un suo articolo che mi folgorò.  

Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza, la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili. Pretende il funzionamento dei servizi sociali. Tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.
Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali, ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero. Un giornalista incapace - per vigliaccheria o calcolo - della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!
Ecco lo spirito politico del Giornale del Sud è questo! La verità! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà! Se l’Europa degli anni trenta-quaranta non avesse avuto paura di affrontare Hitler fin dalla prima sfida di violenza, non ci sarebbe stata la strage della seconda guerra mondiale, decine di milioni di uomini non sarebbero caduti per riconquistare una libertà che altri, prima di loro, avevano ceduto per vigliaccheria.
E’ una regola morale che si applica alla vita dei popoli e a quella degli individui. A coloro che stavano intanati, senza il coraggio di impedire la sopraffazione e la violenza, qualcuno disse: "Il giorno in cui toccherà a voi non riuscirete più a fuggire, né la vostra voce sarà così alta che qualcuno possa venire a salvarvi!"

"Lo spirito di un giornale", Pippo Fava, 11 Ottobre 1981

Queste parole mi colpirono, ma poi le dimenticai, per anni, fin quando l'avvento della Rete mi diede di nuovo la possibilità di leggerle, e di approfondire la conoscenza di questo grande uomo.

Oggi, ad un giorno dal 26° anniversario della sua morte, queste parole ci riportano all'origine dei mali di questo Paese. E ci ricordano quanto importante sia, per la vita di uno Stato e per la democrazia in sé, un giornalismo fatto da uomini liberi.

Voglio chiudere questo post con le parole di Riccardo Orioles, giornalista che ebbe la fortuna di lavorare con lui.

"Ma insomma, si può sapere che cos’è lei, politicamente?" gli chiesi una volta, da quel fighetto "di sinistra" che ero. "Io? Io sono tolstoiano..." sorrise lui, e ci ho messo vent’anni prima di decidere se parlava sul serio o mi pigliava per il culo.




P.S.: ...tutto quello che vi accadrà nella vita dipenderà da come voi sarete capaci di stare con la mafia o di lottare contro la mafia. E allora, se tutto quello che è accaduto negli ultimi 100 anni non è accaduto inutilmente, se la cultura ha un valore, se il senso della libertà corrisponde veramente al senso della dignità dell'uomo allora, per Dio, voi dovete lottare...

(post scriptum tratto da un discorso di Fava all'università di Catania, aggiunto qualche ora dopo aver scritto questo post, e dedicato ad un amico che ha avuto la fortuna di ascoltarlo in un incontro con gli studenti ai tempi del liceo)





 

venerdì 1 gennaio 2010

Difendiamo (e spieghiamo) la rete...



Anche questo blog partecipa alla prima petizione Creative Commons in Italia (e forse nel mondo) per chiedere alle istituzioni un dibattito parlamentare che affronti e approfondisca in maniera rigorosa l'argomento "rete" in Italia. In questi giorni abbiamo assistito a dichiarazioni di censura preventiva assurde, generate, immagino, da una ignoranza totale sul funzionamento della rete. È sicuramente giunto il momento di spiegare ai signori incaricati di governare questo paese (da notare che governare non è sinonimo di possedere)come funziona la rete e quanto importante essa sia per lo sviluppo economico e civile di questo paese.
L' ultima dimostrazione in ordine cronologico di quanto urgente sia questo dibattito, è il caso del discorso del Presidente della Repubblica su youtube. Sul video pubblicato dal Quirinale è stata disattivata la possibilità di commentare.
Ovviamente la "rete" ha immediatamente risposto ripubblicando decine di volte il video e lasciando aperta la possibilità di commentare.
Di casi come questo o meglio, con lo stesso retrogusto di ignoranza in materia informatica, ce ne sono a decine. Ed è per questo che la "rete" ha deciso di chiedere questo dibattito, che si spera si atterrà semplicemente ai fatti e non a posizioni opportunistiche e scorrette che non fanno altro che aumentare la confusione che regna sotto il cielo. In Parlamento è stata presentata una mozione dai Radicali che vi invito a leggere. Abbiamo la possibilità di dimostrare la potenza della rete ed allo stesso tempo la bontà delle intenzioni di quello che molti chiamano "il popolo della rete", definizione secondo me fuorviante, ma che può essere d'aiuto in questo caso. Per ulteriori informazioni vi rimando al sito di Agorà Digitale dal quale è partita questa petizione. Potrete firmare qui sotto o anche su altri siti, ma sconsiglierei le doppie e triple firme. Sarebbe un comportamento poco responsabile.

AVVERTENZA: questa è la prima petizione in Creative Commons della storia. Cosa vuol dire? Che puoi non solo sottoscriverla su questo sito o uno degli altri che la pubblica. Ma puoi addirittura metterla sul tuo sito e raccogliere lì le firme. Anzi puoi addirittura modificarla e raccogliere sul tuo testo modificato le firme, a patto di mantenere inalterata questa avvertenza. Quando cercheremo di spiegare che non è più possibile pubblicare su un giornale un singolo testo con una lista di firme, ma esiste una pluralità di appelli tutti però con la richiesta di un grande dibattito parlamentare, beh, staremo già spiegando Internet.




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