lunedì 4 gennaio 2010

Pippo Fava, ovvero il coraggio delle idee

La prima volta avevo 14 anni. Erano i miei primi giorni a Catania,  l'autobus che mi portava a S.G. Galermo passava da via dello Stadio.
Davanti al teatro Verga vidi la targa in sua memoria.
A casa avevo sentito il suo nome, Pippo Fava, ma non avevo idea di chi fosse.  Scesi dall'autobus e andai a leggerla, ebbi una sensazione strana, e un brivido alla schiena mi fece capire che quella targa ricordava qualcosa di speciale, un uomo speciale, raro, uno di quelli che non temono il destino che le proprie idee gli riservano.
Cominciai a chiedere di lui, cercai di capire, e un giorno lessi un suo articolo che mi folgorò.  

Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza, la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili. Pretende il funzionamento dei servizi sociali. Tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.
Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali, ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero. Un giornalista incapace - per vigliaccheria o calcolo - della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!
Ecco lo spirito politico del Giornale del Sud è questo! La verità! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà! Se l’Europa degli anni trenta-quaranta non avesse avuto paura di affrontare Hitler fin dalla prima sfida di violenza, non ci sarebbe stata la strage della seconda guerra mondiale, decine di milioni di uomini non sarebbero caduti per riconquistare una libertà che altri, prima di loro, avevano ceduto per vigliaccheria.
E’ una regola morale che si applica alla vita dei popoli e a quella degli individui. A coloro che stavano intanati, senza il coraggio di impedire la sopraffazione e la violenza, qualcuno disse: "Il giorno in cui toccherà a voi non riuscirete più a fuggire, né la vostra voce sarà così alta che qualcuno possa venire a salvarvi!"

"Lo spirito di un giornale", Pippo Fava, 11 Ottobre 1981

Queste parole mi colpirono, ma poi le dimenticai, per anni, fin quando l'avvento della Rete mi diede di nuovo la possibilità di leggerle, e di approfondire la conoscenza di questo grande uomo.

Oggi, ad un giorno dal 26° anniversario della sua morte, queste parole ci riportano all'origine dei mali di questo Paese. E ci ricordano quanto importante sia, per la vita di uno Stato e per la democrazia in sé, un giornalismo fatto da uomini liberi.

Voglio chiudere questo post con le parole di Riccardo Orioles, giornalista che ebbe la fortuna di lavorare con lui.

"Ma insomma, si può sapere che cos’è lei, politicamente?" gli chiesi una volta, da quel fighetto "di sinistra" che ero. "Io? Io sono tolstoiano..." sorrise lui, e ci ho messo vent’anni prima di decidere se parlava sul serio o mi pigliava per il culo.




P.S.: ...tutto quello che vi accadrà nella vita dipenderà da come voi sarete capaci di stare con la mafia o di lottare contro la mafia. E allora, se tutto quello che è accaduto negli ultimi 100 anni non è accaduto inutilmente, se la cultura ha un valore, se il senso della libertà corrisponde veramente al senso della dignità dell'uomo allora, per Dio, voi dovete lottare...

(post scriptum tratto da un discorso di Fava all'università di Catania, aggiunto qualche ora dopo aver scritto questo post, e dedicato ad un amico che ha avuto la fortuna di ascoltarlo in un incontro con gli studenti ai tempi del liceo)





 

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