lunedì 11 gennaio 2010

Craxi? Ancora?!?

Il tempo aiuta a dimenticare. Il tempo sbiadisce i ricordi e li rende confusi, imprecisi. Ma non possiamo lasciare che il tempo, stavolta, stravolga la verità.
Bettino Craxi non era un esule volontario. Bettino Craxi era un latitante. Il fatto che abbia lasciato il suolo italiano prima che venisse chiesto il ritiro del passaporto non lo rende un esule. Semmai lo rende un furfante che seppe in anticipo (chissà come) quale sarebbe stato il suo destino. Ed è vomitevole ascoltare oggi tutti quei furfanti che cercano di farci dimenticare lo sdegno che gli italiani -giustamente- provarono nei suoi confronti. È vero che venne "eletto" simbolo delle ruberie quando sicuramente solo non era. Ma Craxi è anche quello che portò il debito pubblico a livelli spaventosi. Lo stesso debito pubblico che a tuttora frena e tiene nel pantano questo paese. Ancora oggi paghiamo i danni che fece questo statista delle tangenti. E se questo non fosse sufficiente, sappiate che se avesse fatto oggi quello che fece nell'Ottobre dell' 85, l'Italia sarebbe finita nella blacklist dei paesi fiancheggiatori del terrorismo. La crisi di Sigonella non andò come le televisioni raccontano oggi. Craxi decise di proteggere dei terroristi assassini, in cambio di non si sa bene cosa. 
Parliamo sempre di questa personcina per bene che, latitante ad Hammamet, continuava a faxare veleni e insinuazioni non solo contro i giudici di Mani Pulite, ma anche contro i suoi compagni di partito rei di averlo subito abbandonato al suo destino.

Ad esempio Gianni De Michelis, l'illustre forforato, che denunciò la gestione lacunosa del PSI e la scarsa attenzione prestata alla degenerazione dei partiti. Lo stesso De Michelis che stamattina a RaiNews24 paragonava Craxi a Garibaldi e ci esortava a riprendere l'Italia dal punto in cui l'aveva lasciata il Garibaldi incompetente.
Vorrei rassicurare il nostro avanzo di balera (che ai tempi della milano da bere pubblicò una utilissima guida alle 250 migliori discoteche italiane) che l'Italia non ha mai interrotto il percorso sul quale anche Craxi ha contribuito a portarla. E che oggi siamo ormai alla fase terminale del cancro di questo paese.
La corruzione che all'epoca venne definita "ambientale" oggi potrebbe essere definita "genetica", cioè ascrivibile alla natura stessa dei politici che questo sistema ha eletto.
Le mafie imperversano e lo stato organizza le sceneggiate fuori dalle caserme delle sezioni catturandi quando questi poveri ragazzi (che rischiano veramente la vita tutti i giorni per un piatto di fagioli) catturano qualche falso latitante. La più potente banca italiana ha a capo un signore accusato di concorso in bancarotta fraudolenta, usura aggravata e frode fiscale. E poi ci chiediamo perché le banche ci trattino come un parco buoi da spremere senza ritegno...
Stia tranquillo onorevole De Michelis. Il sacrificio di Craxi non è stato invano. E dedicargli una via mi sembra il minimo che possiate fare.

Ciao Faber

mercoledì 6 gennaio 2010

Questa è casa mia...

ed io me ne vergogno....





un grazie di cuore a questi ragazzi che, sfruttando la tecnologia semplice ormai a portata di tutti, ci sbattono in faccia, con la forza dei video, una situazione ritrovabile solo in paesi del terzo mondo.

Buona passeggiata, cari concittadini...

lunedì 4 gennaio 2010

Pippo Fava, ovvero il coraggio delle idee

La prima volta avevo 14 anni. Erano i miei primi giorni a Catania,  l'autobus che mi portava a S.G. Galermo passava da via dello Stadio.
Davanti al teatro Verga vidi la targa in sua memoria.
A casa avevo sentito il suo nome, Pippo Fava, ma non avevo idea di chi fosse.  Scesi dall'autobus e andai a leggerla, ebbi una sensazione strana, e un brivido alla schiena mi fece capire che quella targa ricordava qualcosa di speciale, un uomo speciale, raro, uno di quelli che non temono il destino che le proprie idee gli riservano.
Cominciai a chiedere di lui, cercai di capire, e un giorno lessi un suo articolo che mi folgorò.  

Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza, la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili. Pretende il funzionamento dei servizi sociali. Tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.
Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali, ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero. Un giornalista incapace - per vigliaccheria o calcolo - della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!
Ecco lo spirito politico del Giornale del Sud è questo! La verità! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà! Se l’Europa degli anni trenta-quaranta non avesse avuto paura di affrontare Hitler fin dalla prima sfida di violenza, non ci sarebbe stata la strage della seconda guerra mondiale, decine di milioni di uomini non sarebbero caduti per riconquistare una libertà che altri, prima di loro, avevano ceduto per vigliaccheria.
E’ una regola morale che si applica alla vita dei popoli e a quella degli individui. A coloro che stavano intanati, senza il coraggio di impedire la sopraffazione e la violenza, qualcuno disse: "Il giorno in cui toccherà a voi non riuscirete più a fuggire, né la vostra voce sarà così alta che qualcuno possa venire a salvarvi!"

"Lo spirito di un giornale", Pippo Fava, 11 Ottobre 1981

Queste parole mi colpirono, ma poi le dimenticai, per anni, fin quando l'avvento della Rete mi diede di nuovo la possibilità di leggerle, e di approfondire la conoscenza di questo grande uomo.

Oggi, ad un giorno dal 26° anniversario della sua morte, queste parole ci riportano all'origine dei mali di questo Paese. E ci ricordano quanto importante sia, per la vita di uno Stato e per la democrazia in sé, un giornalismo fatto da uomini liberi.

Voglio chiudere questo post con le parole di Riccardo Orioles, giornalista che ebbe la fortuna di lavorare con lui.

"Ma insomma, si può sapere che cos’è lei, politicamente?" gli chiesi una volta, da quel fighetto "di sinistra" che ero. "Io? Io sono tolstoiano..." sorrise lui, e ci ho messo vent’anni prima di decidere se parlava sul serio o mi pigliava per il culo.




P.S.: ...tutto quello che vi accadrà nella vita dipenderà da come voi sarete capaci di stare con la mafia o di lottare contro la mafia. E allora, se tutto quello che è accaduto negli ultimi 100 anni non è accaduto inutilmente, se la cultura ha un valore, se il senso della libertà corrisponde veramente al senso della dignità dell'uomo allora, per Dio, voi dovete lottare...

(post scriptum tratto da un discorso di Fava all'università di Catania, aggiunto qualche ora dopo aver scritto questo post, e dedicato ad un amico che ha avuto la fortuna di ascoltarlo in un incontro con gli studenti ai tempi del liceo)





 

venerdì 1 gennaio 2010

Difendiamo (e spieghiamo) la rete...



Anche questo blog partecipa alla prima petizione Creative Commons in Italia (e forse nel mondo) per chiedere alle istituzioni un dibattito parlamentare che affronti e approfondisca in maniera rigorosa l'argomento "rete" in Italia. In questi giorni abbiamo assistito a dichiarazioni di censura preventiva assurde, generate, immagino, da una ignoranza totale sul funzionamento della rete. È sicuramente giunto il momento di spiegare ai signori incaricati di governare questo paese (da notare che governare non è sinonimo di possedere)come funziona la rete e quanto importante essa sia per lo sviluppo economico e civile di questo paese.
L' ultima dimostrazione in ordine cronologico di quanto urgente sia questo dibattito, è il caso del discorso del Presidente della Repubblica su youtube. Sul video pubblicato dal Quirinale è stata disattivata la possibilità di commentare.
Ovviamente la "rete" ha immediatamente risposto ripubblicando decine di volte il video e lasciando aperta la possibilità di commentare.
Di casi come questo o meglio, con lo stesso retrogusto di ignoranza in materia informatica, ce ne sono a decine. Ed è per questo che la "rete" ha deciso di chiedere questo dibattito, che si spera si atterrà semplicemente ai fatti e non a posizioni opportunistiche e scorrette che non fanno altro che aumentare la confusione che regna sotto il cielo. In Parlamento è stata presentata una mozione dai Radicali che vi invito a leggere. Abbiamo la possibilità di dimostrare la potenza della rete ed allo stesso tempo la bontà delle intenzioni di quello che molti chiamano "il popolo della rete", definizione secondo me fuorviante, ma che può essere d'aiuto in questo caso. Per ulteriori informazioni vi rimando al sito di Agorà Digitale dal quale è partita questa petizione. Potrete firmare qui sotto o anche su altri siti, ma sconsiglierei le doppie e triple firme. Sarebbe un comportamento poco responsabile.

AVVERTENZA: questa è la prima petizione in Creative Commons della storia. Cosa vuol dire? Che puoi non solo sottoscriverla su questo sito o uno degli altri che la pubblica. Ma puoi addirittura metterla sul tuo sito e raccogliere lì le firme. Anzi puoi addirittura modificarla e raccogliere sul tuo testo modificato le firme, a patto di mantenere inalterata questa avvertenza. Quando cercheremo di spiegare che non è più possibile pubblicare su un giornale un singolo testo con una lista di firme, ma esiste una pluralità di appelli tutti però con la richiesta di un grande dibattito parlamentare, beh, staremo già spiegando Internet.




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