Pochi giorni fa, sui giornali, campeggiava una notizia: spari sulla cancellata di un priore a Sant'Onofrio, paesino alle porte di Vibo Valentia.
Cos'è successo? Semplice. Michele Virdò, priore della confraternita del Santissimo Rosario, che si occupa di organizzare la famosa “Affruntata” (manifestazione religiosa in cui i simulacri della Madonna e del Cristo risorto si incontrano con la mediazione di San Giovanni), insieme al parroco don Franco Fragalà, ha deciso di rispettare un documento inviato dal vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo, in cui si invitava a tenere lontane dalle processioni le “persone discusse”.
Si è quindi deciso di non procedere all'incanto, una specie di asta per raccogliere i fondi necessari all'organizzazione della festa, per decidere chi avrebbe portato a spalla la “vara” di San Giovanni, che in passato era sempre stato appannaggio delle famiglie di 'Ndrangheta locali.
Ovviamente i delinquenti non hanno gradito, e hanno manifestato il loro disappunto nell'unico linguaggio che conoscono: l'intimidazione. Ma la Chiesa ha mantenuto la barra e ha cancellato la manifestazione, dimostrando chiaramente l'intenzione di fare un po' di cristiana pulizia.
Per chi, come me, è nato e cresciuto in Sicilia, l'esistenza di zone grigie, se non di connivenza, tra criminalità organizzata e chiesa non è certo notizia sorprendente.
Al contrario è qualcosa di assodato, come l'aria che si respira. Tante volte ho sentito uomini di chiesa (laici e non) giustificarsi dicendo che anche i mafiosi sono figli di Dio e la chiesa non può rifiutare l'accoglienza alle pecorelle (ancorché smarrite) del Signore.
Argomentazione piuttosto fallace, ma che ha resistito e resiste ancora nelle menti di questi pseudo-cristiani della domenica.
Leggere quindi questa notizia mi ha ridato un po' di ottimismo e di fiducia in una istituzione che non mi è mai particolarmente piaciuta. In questi giorni di scandali che vedono la chiesa, a mio parere giustamente, accusata di aver coperto i preti pedofili, mi è sembrato quasi un segnale “divino”.
Pur non essendo cattolico ne tanto meno cristiano, ho sempre pensato che la chiesa potesse svolgere un ruolo importante nella nostra società, se portatrice di veri valori cristiani.
Da ragazzo anch'io ho frequentato la parrocchia vicino casa, e ho dei ricordi molto belli. Facevo parte di una piccola banda musicale creata da un padre missionario, padre Gabriele, di cui ancora oggi ricordo il sorriso. Un uomo speciale che per me è stato un esempio di vero amore verso il prossimo senza distinzione di razza, colore della pelle o fede religiosa.
Purtroppo, crescendo, altri sono stati gli esempi dati dai suddetti uomini di chiesa, sempre troppo propensi a predicar bene e razzolare male.
Ma questo priore, il parroco ed il loro vescovo, mi hanno ricordato che la chiesa è fatta di uomini, con tutti i loro vizi e le loro virtù.
Pensando a loro la mia mente è subito corsa al festino di S.Agata, a Catania, dove la mafia regna incontrastata e addirittura sfrutta la festività per raccogliere i soldi del pizzo (per gli scettici non catanesi vi rimando alla bellissima puntata di Report sull'argomento).
L'uso che si è fatto, e si fa, di una festa patronale così importante, è quanto di più anticristiano si possa immaginare. Le “candelore” che ballano sotto le case dei boss mafiosi, che si sfidano in prove di forza attorno alle quali si è sviluppato un fiorente giro di scommesse clandestine, è quanto di più schifoso si possa immaginare. Purtroppo il vescovo di Catania, Dio non lo abbia troppo in gloria, non ha ancora trovato la forza di opporsi a questo scempio.
Spero che l'esempio dato dai suoi confratelli calabresi, che si trovano a fronteggiare l'organizzazione criminale più potente d'Italia e forse del mondo, possa illuminare il suo cuore e quello di tanti altri uomini di chiesa che ancora oggi, al coraggio di Cristo, preferiscono l'omertà di Pilato.
Amen.